Perché si recuperano i chili persi

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Come abbiamo detto in precedenza, per quanto possa essere stato facile perdere peso, mantenere i risultati ottenuti è, sostanzialmente, impossibile per la maggioranza delle persone.

Cerchiamo di capire il perché.

“In natura, il problema è il non morire di fame, non il morire di obesità”.

In natura, il problema è il non morire di fame, non il morire di obesità. Dalla prima cellula vivente comparsa su terra, per tutti questi quattro miliardi di anni, l’obiettivo di ogni essere vivente, oltre a quello di riprodursi, è stato (ed è) il non morire di fame. Si sono, quindi, selezionati gli individui più capaci di sopravvivere ai periodi di carestia e di recuperare il più possibile durante i periodi di abbondanza.

“… il nostro corpo “legge” una perdita di peso non come una dieta, ma come una carestia, mettendo in opera tutte le difese dalla carestia … riduce il dispendio energetico, la sua risposta all’esercizio fisico diventa più efficiente (a parità di condizioni “brucia” meno), ha più fame e si sazia meno facilmente …”

Noi siamo geneticamente come gli uomini delle caverne e il nostro corpo “legge” una perdita di peso non come una dieta, ma come una carestia; mettendo in opera tutte le difese dalla carestia che hanno permesso la sopravvivenza della vita sulla terra per tutti questi milioni di anni.

In pratica, chi perde peso riduce il dispendio energetico, la sua risposta all’esercizio fisico diventa più efficiente (a parità di condizioni “brucia” meno), ha più fame e si sazia meno facilmente [1].

Questo spiega perché durante una dieta si cali sempre meno, fino a non riuscire a calare più (vedi “Dimagrire è facile, mantenere il peso è impossibile”). Spiega perché l’attività fisica abbia risultati scarsi (vedi “Fare attività fisica serve a dimagrire?”). Soprattutto, spiega perché si recuperano tutti i chili persi, spesso con un aggiunta (vedi “Quanti chili si mantengono dopo una dieta?“).

“… la forza di volontà è dovuta alla parte razionale del cervello, la più moderna, mentre la fame, l’avidità e la tentazione sono sensazioni originate nel cervello inconscio, la più antica … le strategie di riduzione delle calorie che aumentano la fame tendono a fallire perché la forza di volontà è inefficace rispetto alle più potenti funzioni cerebrali inferiori.”

E la forza di volontà?

Certo che la forza di volontà c’entra (se non mi interessa dimagrire non esiste niente al mondo che possa farlo per me), ma fino a un certo punto. Infatti, la forza di volontà è dovuta alla parte razionale del cervello, la più moderna, mentre la fame, l’avidità e la tentazione sono sensazioni originate nel cervello inconscio, la più antica. Questa è la parte “istintuale” del cervello che è influenzata dall’ambiente alimentare in modi resistenti alla forza di volontà: la vista o l’odore del cibo attraente innescano una cascata di risposte ormonali e del sistema nervoso che aumentano la fame e voglia di mangiare.

“…la vista o l’odore del cibo attraente innescano una cascata di risposte ormonali e del sistema nervoso che aumentano la fame e voglia di mangiare…”

Pertanto le strategie di riduzione delle calorie che aumentano la fame tendono a fallire perché la forza di volontà è inefficace rispetto alle più potenti funzioni cerebrali inferiori [2].

“Chi è dimagrito e ha recuperato il peso, non si deve, quindi, sentire un “fallito”, perché recuperare il peso fa parte della malattia da cui si è affetti”

Molti vedono il cibo ad alto contenuto energetico (quello ricco di zuccheri e di grassi, per intenderci) come una droga, coinvolgendo le stesse aree nel cervello e gli stessi neurotrasmettitori [3]. Come dico sempre ai miei pazienti:

“Noi che abbiamo perso chili (N.d.R. già, perché succede anche a me!), siamo come degli ex alcolisti: come a loro è più facile evitare il primo bicchiere perché una volta bevutolo “devono” portare in fondo la bottiglia, a chi è dimagrito è più facile evitare il primo cucchiaino di gelato che evitare il secondo e portare in fondo la vaschetta”.

Chi è dimagrito e ha recuperato il peso, non si deve, quindi, sentire un “fallito”, perché recuperare il peso fa parte della malattia da cui si è affetti. L’unica cosa di cui ci si deve incolpare è di non correre subito dal medico quando le cose vanno male. Così come per tutte le malattie croniche.

Nei prossimi articoli si discuterà di come cercare di gestire l’obesità.

Bibliografia

  1. Rosenbaum M, Leibel RL. Adaptive thermogenesis in humans. Int J Obes (Lond). 2010 Oct; 34 Suppl 1: S47-55. doi: 10.1038 / ijo.2010.184.
  2. Lean MEJ, Astrup A, Roberts SB. Making progress on the global crisis of obesity and weight management. BMJ. 2018 Jun 13;361:k2538. doi: 10.1136/bmj.k2538.
  3. Blumenthal DM, Gold MS. Neurobiology of food addiction. Curr Opin Clin Nutr Metab Care. 2010 Jul;13(4):359-65. doi: 10.1097/MCO.0b013e32833ad4d4.

Riguardo all'autore

Gianleone Di Sacco

Nato a Pisa nel 1959. Risiede a Milano dalla nascita.

Laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Milano con il massimo dei voti, specializzato, con lode, in Endocrinologia presso l'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.

Dirigente Medico
U.O.C. di Malattie Endocrine e Diabetologia
Centro di riferimento per lo studio, la diagnosi e la terapia dell’obesità.
ASST Lariana – Ospedale Sant'Anna di Como

Membro di svariate Associazioni e Società Scientifiche, anche con incarichi istituzionali.

Da anni svolge attività clinica e di ricerca, in particolare, nel campo della terapia farmacologica dell'obesità.

Di Gianleone Di Sacco

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